Periodo d’olive questo. Periodo nel quale ogni anno compro un po’ di olio nuovo. Questa volta ho dovuto cambiare perché Athos, che da sempre ha avuto un po’ di litri per me, ha venduto l’oliveto a gente che non conosco e non so come producono l’oro verde toscano, quindi meglio non rischiare e mettersi in cerca di un altro fornitore. Lo trovo su indicazione di un amico che mi ha anche garantito prezzo giusto e qualità. Ha già fatto scuro da un pezzo quando mi inerpico con la mia piccola utilitaria sulla salita che porta al piazzale, varco il cancello e posteggio sotto una gigantesca e meravigliosa quercia rossa. Sono in anticipo sull’appuntamento, forse riesco a tornare a casa prima del previsto. Guardo l’uomo che mi viene incontro sorridendo, mi ero fatto un’altra idea di persona al telefono. Pensavo alla classica figura dell’imprenditore agricolo di nuova generazione, un industriale di quelli che vanno vestiti bene anche nel podere, che hanno macchinari moderni e usano nuove tecniche avvalendosi di agronomi e specialisti del settore. Professionisti della coltivazione super-intensiva e molto redditizia. Invece le vanghe e i rastrelli che stazionano in giardino, i panieri, le ceste e i decespugliatori sporchi di terra sotto il portico, dimostrano altro. Ho di fronte un uomo alla vecchia maniera sia nei modi gentili e pacati che nel vestire semplice e non ricercato, dallo sguardo buono e sincero. Mi porge la mano forte e nodosa e mi sorride. Un uomo d’altri tempi, come gli attrezzi che usa. Mi fa strada tra una stanza e l’altra fino ad arrivare a una sorta di cucina piena all’inverosimile di damigiane, di stagne, di bottiglie e recipienti vari tutti pieni d’olio. Iniziamo a riempire i miei contenitori muovendoci tra mille difficoltà, con attenzione, centellinando il liquido prezioso, quasi celebrassimo una funzione sacra. Alla fine dell’operazione pago il dovuto e rimango sorpreso del prezzo relativamente basso nonostante quest’anno la percentuale di resa sia stata molto scarsa. Facciamo due parole sul tempo e sulle tradizioni contadine che vanno scomparendo poi saluto con cordialità e mi avvio verso la macchina. Fatti pochi passi mi sento chiamare:
«Mi scusi, un’ultima cosa»
«Mi dica»
«Vedo che lei ha molti contenitori, se conosce qualcuno che non ha soldi per comperarsi l’olio nuovo e ne vuole un po’ lo mandi pure da me con un paio di bottiglie, gliele riempio gratis»
Mi fermo, credo di aver capito male e con espressione attonita formulo, tra il serio e il faceto, una domanda composta da una sola parola:
«Scusi?»
«Sì sì, mandi pure da me chi vuole un po’ d’olio nuovo e non ha soldi per comperarlo – ripete –, c’è un momento della vita nel quale si deve decidere se stare dalla parte degli ultimi e dei poveri oppure continuare a vivere facendo finta di niente. Sono sicuro che lei mi capisce.»
Vorrei chiedergli il perché di questa generosità e se è sicuro di quello che dice ma rispondo di getto come se mi avesse spiegato la cosa più ovvia del mondo.
«Certo che capisco. Lo farò sicuramente. Grazie.»
Nella vita i viaggi di ritorno sembrano sempre più lontani di quelli di andata ma la strada che mi riporta verso casa è libera, il traffico scorrevole e posso ripensare alle parole dell’uomo. Quell’uomo d’altri tempi è perla rara. In un mondo che vede come fine ultimo sempre il denaro e il guadagno, la gratuità è cosa preziosa e difficile da trovare.Non è solo l’olio la cosa più importante di questo gesto ma l’offerta di qualcosa che funge da spartiacque, che porta alla luce l’invisibile agli occhi. Distingue. Ci insegna che in una società dove l’accesso a qualsiasi cosa ubbidisce a rigide regole economiche, fare il bene per il bene e non il bene per il lucro, dovrebbe diventare la vera strada da seguire. Almeno nei confronti degli ultimi.
In quelle incredibili parole c’è la richiesta e l’offerta di una relazione umana più prossima. Parlare, salutare, stringere una mano è molto più di un litro d’olio.
Continuo a riflettere e penso che è vero, che l’aiuto ci deve essere ma non può limitarsi a un semplice gesto, deve andare oltre, deve concretizzarsi nell’appello di te a me, a qualcosa che adesso è qui e che passa e non torna. C’è qualcosa in quell’uomo che è un’aura contro il tempo, contro l’egoismo e la miseria umana. Quell’uomo ha preso coscienza della povertà altrui che è realtà dolorosa non fine a sé stessa ma motivo di rinascita nell’ opera completa verso l’altro. L’atomo della sua offerta che vale tonnellate delle nostre convinzioni, ha la capacità di trasformare qualcosa di normale in qualcosa di più, in un’opera di redenzione. Un’opera di grande bellezza.
Sono certo che quest’anno nelle sere d’inverno, alloggerà nei miei ricordi un incontro e di fronte al fuoco, la mia fetta di pane croccante imbevuta d’olio nuovo avrà un nuovo sapore.
a.o.
Emozioni: il vero condimento della vita.
Esistono ancora persone “buone” !