È giorno di mercato, il sole è già alto nel cielo e tra i banchi c’è un turbinio di gente. Mi sposto senza una meta precisa e penso che ogni tanto un bagno di folla rumorosa serve a far apprezzare di più il valore immenso del silenzio. All’angolo della piazza, vicino a un negozio di alta moda, c’è un ragazzo che suona il violino. Un pezzo scaleno, un emarginato di questa società del profitto e dell’apparenza, un vagabondo da guardare con sospetto. Tuttavia il suono dello strumento sta compiendo un miracolo. Cosa evocano quelle note che si intrecciano tra loro e riempiono l’aria? Che voce può avere un sogno? Una dolce melodia che emerge e produce emozioni, che si snoda tra mille altre vibrazioni di sottofondo, avulse ed estranee. Tenerezza, malinconia, struggenti ricordi, tutto si confonde ed è come se il musicista, piegando la testa sullo strumento, confidasse un segreto all’amico più caro. Il ragazzo abbraccia la cassa e il manico, sfiora le corde con l’archetto quasi ad accarezzarle, c’è un reciproco dono, una simbiosi perfetta tra l’uomo e quel pezzo di legno sinuoso e lucido. L’immagine e il suono. La gente si ferma, commenta commossa, lascia una moneta. Quel ragazzo non appare più come un estraneo, suscita stupore e simpatia, non fa più parte di quel mondo dove i poveri e gli emarginati “non si devono vedere”. È bello ascoltare, fa bene al cuore. Si è fatto tardi, intanto il mercato esplode in una corsa frenetica agli acquisti, un assurdo opulente consumismo del “tutto e subito” che stordisce e divora. Nella babelica confusione un frammento di serenità rimane un attimo sospeso sulle note dolci e malinconiche di un violino. All’angolo della piazza c’è un vagabondo, il prodotto di un’economia assurda dello scarto, un escluso che stamattina è diventato eletto, importante, essenziale. Ogni essere umano vale un mondo ed è unico e irripetibile, in queste dolci note c’è la meravigliosa bellezza della vita. Me ne vado pensando a tutti coloro che hanno ripreso la scena con quel piccolo strumento di alta elettronica che ha sconvolto la nostra vita sociale. Questa volta però il cellulare è servito a conservare memoria di un incanto, un attimo di serenità, di pace. In fondo al tunnel dei nostri pregiudizi possiamo scorgere un barlume di luce.
a.o.