Fuori è ancora buio. Il termometro esterno segna tre gradi. Beva, mi dice l’uomo porgendomi un bicchierino di grappa, al mattino le fa bene, allontana i microbi. Ho dormito poco nel letto a castello pensando a questa giornata. La notte c’è stata bufera e su al rifugio il vento e la pioggia hanno fatto un rumore infernale. Nel Comelico Superiore tra il Monte Popera e la Croda Rossa, il passo della Sentinella è la nostra meta. Da lassù, uno straordinario punto di valico che si apre su entrambe i versanti, dove ancora ci sono i camminamenti e i rifugi utilizzati dai soldati austriaci potremo godere uno spettacolo unico e indescrivibile. L’anziano gestore ha il fisico asciutto, il portamento eretto, la pelle abbronzata e soprattutto le lunghe mani nodose che fanno pensare a una forza nascosta a beneficio dell’età che le rughe del volto evidenziano. Mi siedo ad allacciarmi gli scarponi e mentre sistemo lo zaino e le corde volgo lo sguardo alle pareti di legno del rifugio. Sopra la grande stufa troneggia il trofeo di un giovane camoscio, quadretti con stelle alpine, ricami colorati con frasi in dialetto e la foto di giovane che sorride. Lo sguardo e gli occhi sono gli stessi dell’anziano gestore. Il figlio? Sotto la foto uno scritto, anch’esso incorniciato. La voce dell’uomo mi scuote: la foto è quella di mio figlio, è un bel ragazzo, rispondo. Un bel ragazzo davvero e un provetto alpinista, è morto lassù in parete, sa una piccola frana. È bastata quella a trascinarlo giù. Lo guardo imbarazzato e sussurro: mi dispiace non sapevo. L’uomo si volta verso la finestra e continua, fa niente la montagna è così. Tante volte dà, spesso prende, poi c’è l’imprevedibile, quando si arrampica c’è sempre qualcosa che crea un intoppo, un cambio programma, un ostacolo inatteso che ritarda l’arrampicata, tutte cose che si accettano e si riescono a gestire, l’imprevedibile no, contro l’imprevedibile non puoi far niente. Quelle l’ha scritte Pier Guido, mio figlio, le giuro che ero più preoccupato quando in macchina scendeva a Belluno di quando arrampicava. A saperlo lassù ero tranquillo, lui e quelle cime erano una cosa sola, sapeva come muoversi e cosa fare ma è successo lo stesso, mi consola che sia stata la montagna a portarmelo via, mentre faceva la cosa che amava.
Mi alzo, lentamente mi avvicino al foglio incorniciato e leggo in silenzio:
«Ognuno di noi sa che può un giorno cadere, farsi strappare dalla montagna anche la vita, oltre al cuore che tutti le abbiamo già lasciato, ma questo non ci ferma. Non basta la paura che abbiamo a volte provato a farci rinunciare alla gioia selvaggia di sentirci uniti ai giganti di roccia, a farci dimenticare i tramonti ai rifugi, il vento della vetta, la paura della folgore e il sollievo gioioso del sereno che ritorna sulla parete. Mi chiedono cosa ho intenzione di fare della mia vita. E se la risposta fosse proprio lassù, se fossero le montagne i guardiani del mio futuro? La realtà è che neanche tu sei in grado di esprimere cosa sia il tuo amore per la montagna, non puoi definirlo altrimenti che proprio come amore. Amore, saggezza, follia…chissà? …E poi, importa davvero?»
Mi volto con gli occhi lucidi, l’uomo ha acceso la stufa, sorrido, poi guardo attraverso la piccola finestra, sta albeggiando. Il Passo della Sentinella si tinge di rosa, adesso sembra lontanissimo, irraggiungibile, tra pochi minuti partiremo, forse ce la faremo a raggiungerlo prima di mezzogiorno, dobbiamo farcela. Da lassù sentiremo le campane nei paesi suonare a festa. Oggi è un giorno importante, e non solo per la scalata che abbiamo deciso di dedicare a Pier Guido, oggi è la Pasqua del Signore.
(Pasqua 1984)
a.o.