Perché mi hai chiamato. Ricordi di un’anima inquieta.

Barbiana non è un paese, non è nemmeno un villaggio. Barbiana è una chiesa con la canonica e un piccolo cimitero. Le case, una ventina in tutto, sono sparse nel bosco e nei campi circostanti, isolate tra loro. Cinquantaquattro anni fa, il 26 giugno 1967, moriva il sacerdote maestro Don Lorenzo Milani e anche Michele Gesualdi, ex alunno della Scuola di Barbiana e testimone diretto del Priore non c’è più.

Caro Michele, sono passati più di tre anni da quando te ne sei andato e ancora non riesco a dimenticare il nostro ultimo incontro, qualche anno prima, e mi commuovo. Non è una bella cosa commuoversi per chi scrive, si rischia di non essere obiettivi, di distorcere la notizia, di non riuscire a controllare la verità. All’epoca raccontai di quello che ci dicemmo nella stanza dai grandi tavoli attigua alla cucina dove i ragazzi, te compreso, facevano lezione.  Parlammo di un libro da poco uscito che aveva destato in me una certa perplessità. Voglio ricordarti semplicemente così e ricordare anche colui che è stato il protagonista di un modo di insegnare meraviglioso e che ti fu maestro: Don Lorenzo Milani.

«All’improvviso mi sono trovato di fronte il cancellino che sta davanti alla canonica e al pergolato. Ho cercato di aprirlo ma era chiuso dall’interno. Ho visto la porta della cucina socchiusa allora ho tossito e fatto un po’ di rumore ed è apparso un viso conosciuto. Michele Gesualdi mi sorride, è uno dei primi sei alunni della Scuola di Don Lorenzo Milani a Barbiana. Ho appena salito i due scalini che mi dice di attendere perché sta aspettando un gruppo dal Veneto che viene a visitare la Scuola. e lui, custode geloso di questo pezzo di storia, deve aprire la Chiesa. Mi siedo al tavolo dove hanno fatto i compiti i ragazzi di 50 anni fa, tutto è rimasto come allora: le cartine, i libri, le sedie, il cartello “I Care”, perfino l’astrolabio costruito dai ragazzi per misurare il cielo. Fa un certo effetto essere soli in quella stanza, si risentono le voci dei ragazzi: di Francuccio, di Michele, di Mauro, di Edoardo, di Gostino, della Carla, di Lucianino e in sottofondo, più pacata mi immagino quella del Priore che spiega un articolo di giornale e insieme a loro lo commenta. Michele ritorna e si siede di fronte a me dalla parte opposta del tavolo, mi mostra l’ultimo libro uscito su Don Milani a cura della Fondazione ed edito dalla San Paolo sul quale ha scritto la prefazione: “Perché mi hai chiamato?” lettere ai sacerdoti, appunti giovanili e ultime parole. Il titolo lascia trasparire la sofferenza che non ha mai abbandonato Don Lorenzo. Quasi un sottile senso di colpa per essere appartenuto ad una classe sociale borghese che aveva sempre combattuto a favore degli ultimi. Apro il libro, è un lungo e ricco carteggio inedito, pieno di appunti, e di pensieri: le lettere sono indirizzate a Don Bensi, suo padre spirituale, a Don Rossi compagno di seminario a Don Pugi il suo primo parroco, a Monsignor Capovilla segretario particolare di Papa Giovanni XXIII, a Don Primo Mazzolari e ad altri. Ci sono gli appunti per le omelie e le preghiere giovanili. Infine, due pagine che riportano le parole scritte sui fogliettini usati da Don Lorenzo per comunicare quando gli ultimi giorni, a causa del tumore, la lingua era ingrossata e gli impediva di parlare. Sono una decina, ma contengono la forza di un trattato. Leggo la quarta di copertina e noto che comprende l’estratto di una poesia del Priore, poche righe, ma che a colpo d’occhio appaiono blasfeme. Lo faccio notare a Michele e lui mi partecipa il suo disappunto, ripete che tutto è stato giustificato dalla necessità di avere un impatto mediatico sul lettore. Mi legge per intero la poesia del 1950 e devo riconoscere che racchiude tutto il dolore di un Don Milani ventisettenne alla ricerca esasperata di Dio. Uno sfogo amarissimo. In verità non avevo bisogno di dimostrazioni, conosco bene quanto quel prete confinato a Barbiana fosse ciecamente obbediente alla Chiesa e amasse Gesù, l’ultima riga “…tu sai se è amore” lo evidenzia in maniera inequivocabile. L’alunno di un tempo mi racconta come Don Lorenzo era solito chiamare i suoi ragazzi aggiungendo spesso “caro” dopo il nome. Michele caro, Luciano caro, Gostino caro. Mi dice anche di quanto gli dava noia quel modo di intercalare del Priore che era l’unica traccia, difficile da nascondere, delle sue origini borghesi, “Mi faceva venire i dubbi sulla sua posizione, se effettivamente era da una parte o dall’altra della barricata” mi confida. Improvvisamente mi chiede di fare un articolo e di spiegare che il senso della frase messa in quarta di copertina non è quello che appare ma è ben altro, è la testimonianza del dolore e della sofferenza che Don Lorenzo provava, all’inizio della sua vocazione, nella spasmodica ed inquieta ricerca di Cristo. Tornato a casa ho risposto volentieri all’invito e quando scrivendo mi sorprendevo di quella frase, bastava rileggere le parole di un commento sulla preparazione di un’omelia sulla bestemmia a sciogliere ogni possibile dubbio: “…Lui solo sa il perché delle cose…”. Un libro da leggere, che arricchisce chiunque, l’ateo e il credente e che svela aspetti sconosciuti del carattere e della vita del Priore. Un libro nel quale tutti troveranno più di un motivo per riflettere.»

Mi alzo dalla scrivania e spengo il computer. È una notte bella. È una notte meravigliosa dove mille luci si confondono con le stelle. Nella mia immaginazione ne vedo due che brillano più di tutte le altre. Non è facile stare dalla parte degli ultimi, a volte è doloroso, scomodo e presenta barricate che sembrano insormontabili. Alla fine però avere coraggio e tenacia ricompensano sempre.

a.o.

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