Marte che si muove su di un’orbita ellittica si ritrova, così per dire, periodicamente vicino alla Terra e pur essendo, sempre così per dire, di volta in volta a portata di mano, il cosiddetto Pianeta Rosso, è un posto difficile da visitare. Su più di quaranta missioni effettuate da vari paesi solo una decina ce l’hanno fatta e hanno scoperto un mondo di meraviglie. I dati riportati ci dicono che le temperature invernali raggiungono i 140° sotto zero e quelle estive si aggirano al massimo sui 14/20° e il ghiaccio ai poli è composto da acqua più anidride carbonica (ghiaccio secco). Marte possiede il più grande rilievo vulcanico di tutto il sistema solare: Olympus Mons, che con i suoi 600 km di diametro e 27mila metri di altezza, sovrasta in maniera inimmaginabile. L’attività sismica è presente ovunque e la pressione atmosferica è di gran lunga minore di quella terrestre. Infine sono state rilevate alcune forme che assomigliano ai microbatteri terrestri e che secondo gli studiosi avrebbero abitato il pianeta più di 4 miliardi di anni fa. Insomma una meraviglia dopo l’altra. “Mars 2020” che è il nome dato all’ultima missione effettuata per l’esplorazione del Pianeta Rosso, è stata sviluppata dalla NASA, il lancio è avvenuto con successo il 30 luglio 2020 ed il suo arrivo si è concretizzato il 18 febbraio scorso. Per molti appassionati e studiosi del settore, l’evento è di grandissima importanza. Se affascina conoscere che in un tempo lontano il pianeta in questione era caldo e l’acqua scorreva in superficie, che le probabilità di scoprirvi forme di vita passata o presenti sono le più alte nel sistema solare, incuriosisce molto che vi sia un certo affollamento con altre due missioni in corso, una degli Emirati Arabi e l’altra della Cina. Devo dire la verità, in un momento storico simile, dove le varianti del maledetto Covid prendono sempre più campo e si mettono in campo nuovi ed estenuanti Lockdown, la corsa a Marte mi lascia alquanto indifferente. E se devo dire proprio tutta la verità, la domanda che mi pongo è più di carattere terminologico che altro. In buona sostanza vado alla ricerca della parola giusta con la quale si descrive il contatto della navicella con il suolo. Se le parole hanno un senso e si usa allunaggio per la Luna, perché per indicare il contatto del Rover Perseverance con il suolo di Marte continuiamo a dire “atterraggio”? Forse il termine più appropriato potrebbe essere “ammartaggio” ma è brutto, suona male, insomma è cacofonico e non si dice. In effetti c’è un’altra cosa che mi assilla: ci sarà il Covid su Marte? Anche questa è una bella domanda. Questo maledetto virus con tutte le sue nefaste varianti sarà riuscito ad arrivare fin lassù? Se ciò sia stato possibile o meno non è dato sapere, ma se tale ipotesi fosse per puro caso verificata e accertata, troverei in tutto ciò una nota finalmente positiva: la convinzione che questo male terribile rimarrebbe beffato e non potrebbe fare alcuna vittima. Il motivo è semplice perché, già da tempo, qualcosa sappiamo: che su Marte i Marziani non esistono. Anche a rischio di passare per insensibile, limitato, rozzo e ignorante, queste sono le domande che mi pongo. Basta! Quello che veramente mi interessa sapere in questo momento è quando arriveranno i vaccini e se saranno sufficienti per tutti in breve tempo. Mi interessa apprendere come si muoverà il Governo per reperire, sempre in breve tempo, le dosi. Mi interessa conoscere come e quando usciremo dalla pandemia. Mi interessa comprendere cosa serve fare realmente per riuscire a debellare questa lebbra. Mi interessa verificare cosa ha fatto e cosa sta facendo alla nostra mente e al nostro corpo un virus che, come tutti i virus, muta in continuazione. Ed infine, soprattutto mi interessa sapere, quando alla fine avremo debellato il male, come saranno mutate insieme al virus anche le nostre abitudini, il nostro rapporto con gli altri, il nostro vivere. A tutto questo sono interessato molto più che a Marte. Se penso poi ai miliardi e miliardi di dollari spesi per salire lassù, la cosa mi irrita molto. Negli ultimi mesi le preoccupazioni per la salute sono cresciute sempre maggiormente e creano a tutti noi terrestri uno stato d’ansia che fa paura. Quest’animo violentato e in continua allerta, apre davanti a sé uno spazio smisurato, un po’ come deve essere l’immagine che ci offrono dopo l’atterraggio (anche ammartaggio va bene) le 23 telecamere del Rover Perseverance. Non una pietra dove appoggiare il piede e salire, non un albero dalle fronde ombrose sotto alle quali riposare, intorno solo uno spazio enorme e silenzioso. Tutto ciò mi induce ad un’altra riflessione che narra di uno spazio domestico e amico, la sicurezza delle mura di casa, di qualcosa vicino e tangibile, di qualcosa che sta a difesa della mia privacy ma che in questo periodo assomiglia molto di più ad una difesa ostile, ad una separazione tra chi sta fuori e chi sta dentro, protetto dal diverso, dallo straniero, dal nemico, dal positivo asintomatico, dall’untore inconsapevole. Tuttavia, questa sicurezza forzata non fa per me e senza bisogno di arrivare su Marte ho necessità di uscire, abbracciare, stringere una mano, dare un bacio, non avere paura di chi mi avvicina. In poche parole ho bisogno di vivere. Noi, piccoli terrestri di questo tempo, vediamo, ascoltiamo e combattiamo una guerra che appare invincibile ma non lo è. Prima o poi usciremo da queste tenebre e ammireremo i colori del mattino. Non per questo serve salire sulla cima di Olympus Mons o sapere che su Marte esiste il ghiaccio secco. Basterebbe gettare lo sguardo in alto come un cielo in montagna, i nostri Appennini per esempio, dove il sole splende aldilà di pesanti nuvole scure e riuscire a scorgere tanti raggi di luce lontana. Se questa sofferenza sembra infinita, continuo a ripetermi come un mantra una citazione che da sempre mi sta a cuore: “Bisogna bere e mangiare l’amaro della vita per avere una chiara concezione della sua dolcezza che altrimenti appare assente, lontana, irraggiungibile” e questa volta aggiungo “molto più lontana di un ammartaggio sul Pianeta Rosso”.
a.o.