Ieri, anche se pioveva, sono salito di nuovo, fino a quel pezzetto di terra coltivato ad olivi, pochi chilometri fuori città. Appena arrivato, tre fagiani, un maschio e due femmine si sono alzati in volo ed hanno poi planato più su, nel podere sopra strada. Camminare e osservare la natura che mi circonda è una cosa che induce a riflettere e a ricordare, tutto senza fretta, senza la smania di dover arrivare in tempo ad un appuntamento e l’ansia di un impegno da portare a termine. In città mi muovo sempre velocemente, come se fossi sempre in fuga da qualcuno o da qualcosa, l’affanno e la corsa, in quei momenti, rendono asmatica la mia vita. Quassù invece riprendo il controllo dei miei tempi e incamero ciò che mi circonda, con calma, in silenzio. Questa oasi di pace in mezzo alle colline è un laboratorio di illusioni, un rifugio che invita alla meditazione. A volte porto con me un buon libro, tra una pagina e l’altra immerso nella natura, cerco ristoro alla mia sete continua di conoscenza, alla mia curiosità bambina. Osservo il verde e lo stormire del vento tra le fronde e presto attenzione a tutte le piccole cose, anche quelle che a prima vista appaiono insignificanti. Quella terra mossa lascia intravedere l’impronta del cervo che di notte è venuto a mangiare le mele, più avanti la tana di un riccio e vicino a quella catasta di legno ci sono le fatte della lepre. Tutto parla, basta saper ascoltare. Ogni tanto devo fuggire dalla città e dagli uomini. Serve a resettare e ad attribuire il giusto valore alle cose. Quando si vive in situazioni difficili o addirittura estreme come il momento che stiamo attraversando, mi piace credere che, anche se il presente avanza attraverso una strettoia che rende limitato ogni orizzonte, riusciremo a spuntarla. In questi mesi sembra che il male vinca sempre ed il bene faccia fatica ad emergere eppure quest’angolo di paradiso mi dice che non è così. La natura ci salva perché la natura è tutto ciò che siamo. Solo nella natura possiamo riconoscere la nostra identità profonda e tutto ciò che ci rende unici e irripetibili. Colgo un ultimo sprazzo di luce dietro il cielo plumbeo, cala sera e comincia a far freddo, sarà bene che torni giù, nel chiasso cittadino ed è questo il momento nel quale invidio di più la campagna: la calma, la serenità del cuore, l’armonia, la salute e la gioia di vivere. Intanto ho fatto il pieno di pace e aspetto tranquillo a un semaforo. Ecco, una frazione di secondo dopo che è scattato il verde la persona che guida la macchina dietro dà un colpo di clacson. Alzo la mano in segno di scusa e di resa. Ripenso ai tre fagiani che si alzano in volo e sorrido!
a.o.
Chissà perché quello che tu sapientemente dipingi con le parole mi ha richiamato alla mente un quadro di Monet, La gazza. Sei stato ancora una volta molto bravo.