“Brunelleschi Mago” di Giovanni Michelucci : l’Architettura come funzione sociale

Cosa si intende per spazio, cosa per architettura e cosa per ricerca della città? Qual è la funzione vera dell’architettura nella società? E con quale metro si deve misurare questa funzione?

C’è un insieme di questioni, non ultima quella morale, che vanno valutate durante la realizzazione di un progetto e di un processo architettonico.

Un libro, un piccolo libro, direi quasi un saggio, edito da Tellini Pistoia nel 1972 racchiude il pensiero di Giovanni Michelucci su questi temi. “Brunelleschi Mago” che ne è il titolo ha qualcosa di esoterico e nello stesso tempo sembra lanciare una sfida alla scoperta dell’Architettura sotto una nuova veste. Architettura con l’A maiuscola dove la chiave di lettura rimane fuori dai canoni rigidi del puro segno accademico.

Riuscire a vedere attraverso gli occhi dell’anima, a non farsi stringere nella morsa della forma ma far correre i pensieri e le idee in uno spazio libero, o meglio in uno spazio che libera e non in uno spazio che vincola. Questo aspetto traspare forte nel pensiero di Michelucci che concepiva il suo operare con occhio vigile alla questione etica, qualcosa che va “oltre l’Architettura”. Non a caso il critico d’arte Edoardo Persico affermava “…quando lo spazio vincola è contro l’uomo ma quando è spazio vivente, libera e si rivela davvero democratico.” Quindi un nuovo punto di vista, una nuova concezione di questa forma d’arte.

Al tempo di Brunelleschi ancora non è ben chiaro cosa sia l’architettura, tanto meno un architetto. Nasce con Brunelleschi una figura che si prende “cura” di tutto quello che ruota intorno alla costruzione con un’attenzione particolare al concetto di bene comune. Michelucci ci racconta che Brunelleschi inventa questa figura e mette in forte evidenza questo aspetto. L’attenzione per la città e per tutti coloro che ne fanno parte: i cittadini che vivono gli spazi a loro disposizione, aperti e liberi. Tutto questo sembra non avere a che fare alcunché con l’Architettura ed invece è la quintessenza della stessa.  È attraverso queste convinzioni che Messer Pippo ovvero Filippo di Ser Brunellesco Lapi, architetto, scultore, matematico, orafo e scenografo, diventa rivoluzionario. Un vero e proprio mago che, realizzando il progetto della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, fa qualcosa di impensabile in quei giorni.

Nasce un’opera d’arte assolutamente geniale, che viene poi presa a modello per numerose altre realizzazioni simili, tra cui anche la famosa cupola di San Pietro a Roma progettata da Michelangelo. Brunelleschi vive la città, la respira, ne trae linfa vitale per la sua opera, si muove, ascolta i commenti del popolo sulla costruzione di quella Cupola. Un’opera che per l’Architettura segna l’inizio del Rinascimento.

Filippo Brunelleschi non guarda al suo ruolo, non ha paura di sporcarsi le mani, di stare in mezzo agli operai. Illustra i modelli per far comprendere come devono lavorare, cosa devono fare, qual è il fine al quale tutti, nessuno escluso, devono mirare. E non si perita a comprare al mercato i “calicioni”, che altro non sono se non delle grosse rape, per rendere tangibile la visione della sua opera, un modello naturale da mostrare, osservare e sul quale riflettere. Un modello offerto dalla natura che poi viene gettato, distrutto e non posto in una teca a futura memoria. In quel momento serve, si utilizza e poi si butta via. È in quest’operare che Messer Pippo è grande ma anche meravigliosamente semplice, un uomo libero tra uomini liberi all’interno dello spazio cittadino.

Giovanni Michelucci in “Brunelleschi Mago” ci narra la figura di un genio del 1400 e in parte si riconosce in quella figura dallo stile semplice e aperto agli altri. In un altro testo molto interessante “Giovanni Michelucci: una materia viva” (Tip. Romani 1981) curato da Anna Brancolini e Massimo Biagi si riportano le parole dell’architetto pistoiese: “L’architetto è un uomo che deve predisporre gli ambienti di vita per gli altri uomini. Non è cioè un ‘tecnico’ che costruisce un suo modello a cui l’uomo dovrà assoggettarsi. È uomo fra gli uomini, e dà e riceve cordialmente, e si arricchisce dell’esperienza della vita altrui e dà di sé ciò che può, ma semplicemente…”.

Michelucci ci parla di Brunelleschi, ne scruta la figura e l’opera con occhi di bambino, rubando un’immagine, un sorriso, la visione prospettica di una piazza, un capannello vivace di persone al mercato e alzando la testa una cupola, enorme e meravigliosa, felice di sentirsi parte integrante della città.

Un grande maestro, architetto artigiano dei nostri tempi che rende onore ad un grande maestro architetto artigiano di molti secoli fa e che ci aiuta a comprendere che la bellezza dell’arte, sia essa maestosa ed imponente, sia essa piccola ed essenziale, non ha tempo e non ha età ed è un formidabile mezzo per avvicinarsi all’assoluto di Dio e rivelarne il volto.

ao

4 Replies to ““Brunelleschi Mago” di Giovanni Michelucci : l’Architettura come funzione sociale

  1. Metti sempre a disposizione di ognuno di noi, con fare semplice ma diretto, frasi ed esperienza di esperti, per farci entrare in mondi soprattutto umani e ricchissimi di grande buonsenso

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