Marco che è fotografo e scrittore mi manda questa sua riflessione. Ho pensato di condividerla con voi.
Fuori c’è una luce che chiama a gran voce senza dire parole, mostrando un cielo così pulito, dolcemente azzurro su colline di quel verde nuovo che la Primavera porta ogni anno.
E i chiaroscuri a spezzare le linee delle case e le ombre delle piante a far sognare foreste lontane, da percorrere aprendosi varchi inesistenti. Oppure a richiamare quelle file ordinate di cipressi cantate da Carducci, o le semplici prospettive dei pini lungo le vie vicine a casa, a proiettare le lancette delle loro ombre a scandire il passaggio delle ore fra alba e tramonto.
Rivedo anche alberi solitari di tanti luoghi diversi, testimoni distratti delle presenze umane… la mia sola o assieme ad altre figure in cerca di passi e libertà: quella che ora mi manca, come mi mancano quei passi, quelle pagine bianche del libro personale, spazi da riempire scorrendole e imbrattandole con gli inchiostri invisibili chiamati ricordi.
Risento le parole di un amico: ogni visione personale del mondo è in realtà un mondo esistente e ogni volta che perdiamo una di quelle visioni perdiamo un mondo. E quanti mondi abbiamo perduto in questi giorni dove il mondo è fuori, vuoto delle nostre visioni, monotono senza i nostri occhi a guardarlo; senza le nostre anime a cercarne un angolo mai visto o che ci sembra nuovo ogni volta.
Fotografia forzata, non scelta, non tagliata nell’inquadratura dall’occhio del fotografo, ora dietro un vetro a contemplare lo statico mondo che solo il vento o il volo di un passero rende a momenti diverso.
Le rose però si preparano e anche una piantina di fragole mostra già dei frutti, più verdi o più rosei verso quel rosso che li dirà pronti.
E noi siamo pronti a rifiorire, a maturare? Saremo disposti a mostrare quei sentimenti che abbiamo trovato dentro le nostre solitudini dietro una maschera?
O torneremo a essere egoisti? Pronti per una corona che nessun regnante desidera? Quella della noncuranza.
Marco Parlanti